Fuga da Aleppo

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01 agosto 2016
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Continua la fuga di intere famiglie dalle guerre e dalle persecuzioni e si ripetono tragedie e drammi. Questa volta tocca ad Aleppo, meravigliosa città della Siria settentrionale, detta anche "la bigia" (al-Shahbāʾ). Secondo l'agenzia di stampa siriana “Sana” sarebbero già decine le famiglie che hanno iniziato a fuggire dai settori orientali della città ancora controllati dai ribelli ma sotto assedio delle forze governative dal 17 luglio scorso. La loro via di fuga sarebbe data dai “corridoi umanitari” la cui creazione era stata annunciata due giorni fa dalla Russia insieme al regime di Bashar al-Assad. L'esodo è cominciato in mattinata. "I soldati governativi - secondo Sana - hanno accolto i fuggiaschi e li hanno trasferiti a bordo di pullman verso rifugi temporanei".

La fuga è stata confermata anche dall'Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione dell'opposizione in esilio con sede a Londra, che si è limitato a riferire dell'uscita di "un certo numero di civili" dai distretti dell'est in direzione di Salaheddin.

La creazione dei corridoi è stata accolta con diffidenza dalle N.U. tanto che ieri, tramite l’inviato speciale, l’italiano Staffan de Mistura, hanno chiesto di averne il pieno controllo. Ancora più critica la Francia, che l'ha liquidata come soluzione "non credibile". Il ministero della Difesa russo ha invece annunciato l'imminente apertura di ulteriori quattro corridoi umanitari nella parte est della città siriana: le vie d’uscita diverranno in totale almeno sette.

La situazione ad Aleppo, già capitale economica del Paese mediorientale, è di contrapposizione frontale tra i contendenti da oltre quattro anni, tanto da farla soprannominare la “Stalingrado siriana”. La situazione è precipitata nelle ultime due settimane, con almeno tra le 250.000 e le 300.000 persone prive persino dei generi essenziali. Un dramma umanitario che rischia di far precipitare la sorte di migliaia di persone in fuga da guerre, carestie e persecuzioni. Ad analizzare queste situazioni ci si domanda se davvero l’Europa ha un ruolo nel mondo e come verrà giudicata e ricordata dalle generazioni future.

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