La storia di T. e i soldi per il viaggio verso l'Europa

PhD in sociologia, presidente della coop. In Migrazione e di Tempi Moderni a.p.s.. Si occupa di studi e ricerche sui servizi sociali, sulle migrazioni e sulla criminalità organizzata.
Condividi
07 agosto 2016

"Non vedo l'ora di riabbracciare mia moglie". Per farlo, T. ha attraversato il mare rischiando la vita. E non è un modo di dire: solo dall'inizio di quest'anno, oltre 3.000 persone sono morte nella traversata del Mediterraneo.

Lei sta in Sicilia, è arrivata qualche mesa fa, ora stiamo cercando di metterli in contatto con l'aiuto di associazioni che si occupano di ricongiungimenti.

La loro storia sembra uscita da un film, ma purtroppo non è finzione. È la cruda realtà per chissà quante persone che passano dalla Libia nel viaggio verso l'Europa. Sono partiti dalla Costa d'Avorio. Hanno attraversato il deserto. Hanno vissuto di lavori saltuari a Tripoli, poi a Sabratah. Paga misera, quando arrivava, e maltrattamenti continui. Sono stati incarcerati, e non perché criminali: avevano solo chiesto al datore di lavoro di essere pagati. Dopo qualche mese in cui lo stipendio non arrivava, si erano fatti forza e avevano reclamato ciò che spettava loro. In cella violenze e torture: i segni della frattura al piede, le cicatrici, le bruciature sulla pelle di T. ne sono la testimonianza ancora viva. Un incubo che finisce dopo due mesi, quando escono dal carcere e si rimettono a lavorare duro. Servono soldi per affrontare il viaggio. Finalmente riescono a mettere da parte qualcosa, prima parte lei, lui la raggiungerà. "E non vedo l'ora di riabbracciarla", ripete, mentre ci racconta la sua storia.

"Ma se sono davvero così poveri, dove li trovano i soldi per il viaggio?". La prossima volta che qualcuno parte con questa domanda, raccontagli la storia di T.

#DontStopHumanity

Leggi anche