“Acrobati” di Daniele Silvestri. Musica da ascoltare e vivere

di
Condividi
26 agosto 2016
Fabio Riganello Ogni volta che esce un nuovo lavoro di un artista che segui, o che ritieni quantomeno interessante, ti viene in mente la stessa domanda: “Perché dovrei comprarlo?”. Tante volte, nella mia storia di “spacciatore” di lp/cd/mc mi sono ritrovato con lavori eccessivamente mediocri e che, in ogni caso, non soddisfacevano l’entusiasmo dell’attesa che li precedeva. Detto questo, la stessa domanda me la sono fatta quando è uscito il nuovo lavoro di Daniele Silvestri, soprattutto perché, con la chiusura della mia attività commerciale, non avevo più il privilegio di ascoltare il disco, per intero, prima di acquistarlo. Dunque: perché acquistarlo? Forse perché è un lavoro che contiene ben 18 brani e, soprattutto, quasi tutti interessanti e belli. Ma non è per questo che sostengo di comprarlo. Potrebbe essere che il disco è possibile ascoltarlo tutto d’un fiato perché vario sia nei generi musicali che negli arrangiamenti. Un disco che può essere ascoltato in macchina, mentre si guida con i finestrini aperti, in una calda sera d’estate. Oppure seduti in poltrona, magari con le cuffie e bevendo un buon bicchiere di vino, apprezzando la cura e i dettagli degli arrangiamenti. Ma non è per questo motivo che sostengo che bisogna averlo. Si può prendere in considerazione allora il fatto che è un disco che racconta, con parole studiate, il nostro momento storico parlando di quotidiano, di politica, di disagio, di scelte e di solitudini. O per il fatto che vede delle collaborazioni che rendono il disco più ricco e piacevolmente contaminato. Da tempo dico, all’interno del mio programma radiofonico, che viviamo un momento storico a cui manca una colonna sonora. Questo lavoro mi dà la speranza che qualcosa stia cambiando. Ma non è neanche per questo motivo che sostengo che “Acrobati” debba comparire nella nostra discoteca. Esiste un brano, all’interno di questo lavoro, che, secondo il mio parere, lo rende meritevole di essere acquistato ad occhi chiusi. È il numero 10 della lista e porta il titolo “Monolocale”. Un brano che parla della violenza sulle donne con una tale leggerezza e potenza da costringermi a riascoltarlo più volte. La forza di questa canzone, musicalmente una delle più “semplici”, consiste nel non limitarsi a raccontare la violenza e la solitudine della persona che la vive ma ne racconta anche il contesto, gli attori che girano intorno, l’impotenza, spesso tramandata di madre in figlia, e l’impossibilità di poter raccontare quanto accade, o è accaduto, perché “…cosa vuoi che ne capisca la gente nella migliore delle ipotesi sono io la puttana nella peggiore beh nella peggiore, non gliene frega niente…”. Ma sono presenti anche il tema della memoria, della fisicità e della scelta che in alcuni casi è drastica. Questo brano, per me, è la risposta a quelli che si chiedono il perché le donne non denuncino, non si ribellino o non reagiscano. È il racconto di un sistema inceppato, a partire dalla famiglia, che non solo non riesce ad ascoltare e guardare ma che non ha neanche più l’idea della sofferenza, della violenza e della sopraffazione. È per questo motivo che penso che questo ultimo lavoro di Daniele Silvestri vada acquistato e promosso.

Leggi anche