Recensione de La Quinta Mafia di Anna Scalfati su Articolo21

PhD in sociologia, presidente della coop. In Migrazione e di Tempi Moderni a.p.s.. Si occupa di studi e ricerche sui servizi sociali, sulle migrazioni e sulla criminalità organizzata.
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26 settembre 2016

E' forse riduttivo parlare di “Quinta mafia” pensando di trattare un tema specifico legato ad attività criminali. Il nuovo libro di Marco Omizzolo, sociologo, attivista dei diritti umani e ispiratore con le sue denunce del recente disegno di legge sul caporalato, illustra e sintetizza la trasformazione del processo mafioso dagli anni ottanta in poi – in un tempo in cui ancora non si poteva parlare di Quinta mafia – dimostrando come oggi questi processi sociali, economici e culturali abbiano realizzato un sistema alternativo a quello democratico che con esso convive minandolo di giorno in giorno alle basi.

La forza della ricerca storica di Omizzolo dimostra la presenza di tutte le mafie nel territorio pontino a partire dagli anni 80.

“ In sintesi - scrive il sociologo e giornalista - le organizzazioni mafiose tradizionali presenti in provincia di Latina, considerate al vertice della consorteria mafiosa (Quinta Mafia) sono alloctone (cioè originarie di regioni a tradizionale presenza mafiosa); le seconde organizzazioni criminali invece, cioè quelle di servizio alle prime, sono autoctone, ossia gruppi criminali sorti direttamente nel territorio pontino, variamente organizzati ma privi di esperienze criminali di alto profilo e di una organizzazione adeguata. A questi si aggiungono i burocrati delle mafie, l’insieme di professionisti, amministratori locali, impiegati pubblici, operatori delle forze dell’ordine e non solo, che ne agevolano con i propri servizi gli interessi diretti, i piani economici e politici, il loro radicamento territoriale a cui si aggiunge un network sociale dedito ad avvantaggiare tutti quegli affiliati e le loro famiglie considerate degne di sostegno”.

Omizzolo ripercorre e mette in relazione numerosi studi di Dalla Chiesa , di Arlacchi, di Catanzaro e Santino con gli eventi di terra pontina a partire dagli anni 80. L’azione dei sindacati e la reazione della Chiesa e in particolare ricorda il coraggioso convegno organizzato dai giovani dell’Azione Cattolica di Formia e Gaeta in quegli anni e la mobilitazione contro le mafie suggerita dal vescovo Farano nella lettera pastorale ai fedeli.

La guerra delle mafie con sparatorie e attentati è presente in tutti questi anni ma poco raccontata soprattutto a livello di media nazionali così diventa di grande interesse scorrere nel libro i vari eventi che in molti desteranno sorpresa perche’ del tutto ignorati o solo in parte conosciuti. Si descrive l’arrivo dei casalesi e la prima guerra di camorra ma anche le numerose e dettagliate relazioni delle diverse commissioni antimafia che già in quegli anni avevano evidenziato le operazioni dei Bardellino e delle ‘ndrine calabresi. In particolare Omizzolo torna al 1982 “anno in cui gli interessi delle mafie nel Pontino emergono in modo evidente - scrive l’autore- il 17 maggio del 1982 un commando uccide a Pomezia un pericoloso affiliato dell’ndrangheta, Ciccio Canale alleato del clan camorristico di Raffaele Cutolo. Dalle indagini emerge che Canale controllava diverse cooperative edilizie a Fondi ed era vincitore nel Pontino di numerose gare d’appalto. E' il segnale della presenza delle imprese criminali nel settore dell’edilizia…. Le ecomafie successivamente – scrive ancora Omizzolo- si occupano della discarica di Borgo Montello e del Parco Nazionale del Circeo. Cipriano Chianese, avvocato dei casalesi, condannato nel luglio del 2015 a venti anni di reclusione per disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti con l’aggravante mafiosa aveva due lussuose ville a Sperlonga, paese nel quale godeva di rispetto e considerazione ( prima della condanna ndr).

In zona pontina ci sono tutti i personaggi più pericolosi delle mafie tradizionali, alcuni giunti in soggiorno obbligato altri coinvolti negli affari della droga.

Questa recensione è di Anna Scalfati

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