Mutaverso, la direzione del teatro in Campania. Intervista a Vincenzo Albano.

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15 febbraio 2018
Nella mappatura teatrale italiana, costellata di varie stagioni, rassegne, festival e iniziative, trova spazio da tre anni una giovane, determinata e già consapevole rassegna. Si tratta di Mutaverso. La stagione nasce da un’idea di Vincenzo Albano, che in un’informale chiacchierata mi ha raccontato del progetto, del suo obiettivo, dell’importanza e del contributo che sta apportando a livello territoriale. Ne esce fuori un quadro di cura, attenzione e volontà di far sopravvivere il teatro in luoghi anche non convenzionali e creare contenitori di stimoli che vogliono innescare un costante attivismo. Se il teatro è missione e l’ordine delle cose prevede sempre un’evoluzione, noi facciamo gli auguri a chi si ostina a investire, a offrire un’alternativa valida, a mantener vivo il dialogo. Mutaverso. Si parla molto del mutare, del cambiar direzione, della mutevolezza delle cose e del loro essere in evoluzione. Un nome che è già espressione di un pensiero dunque … Questo mutare è la condizione stessa delle cose. MutaversoTeatro è un progetto che parte da un pensiero e da un’esperienza personale, il cercare una legittima soddisfazione delle mie aspettative in un ambito, quello teatrale, dove mi muovo da diverso tempo ma che non sempre fa sentire accolti. Attraverso l’esperienza di Erre Teatro prima e MutaversoTeatro a seguire mi sento totalmente addentrato in un circuito, dove mi muovo con un profondo senso di libertà. Questa libertà è data da una consapevolezza di scelta, ho deciso di rischiare e creare un qualcosa che richiede poi grande impegno, ma l’ho scelto io. Scegliere rende liberi. Arrivati alla terza stagione facciamo un bilancio, si è effettivamente smosso qualcosa, vi è un qualche riscontro degno di nota o che lascia presagire bene? Tutto nasce da un nucleo originario che è Erre Teatro, un’associazione giovane, di cinque anni. Comunque possiamo trarne un bilancio. Il tutto nacque dal desiderio di dare più respiro alle iniziative di Erre Teatro che si esaurivano in tempi molto brevi, con Mutaverso Teatro, tre anni fa ho fatto un passo decisivo, anche più lungo della mia gamba. Ho rischiato, ma dovevo svincolarmi e innescare un cambiamento, avevo bisogno di sentirmi ancora più attivo, compiere un gesto più ampio. Con Mutaverso Teatro ciò è avvenuto e ad oggi possiamo dire che si va sempre più concretizzando ciò che era una prima prova di rassegna. Si è creato attorno a questo circuito una fiducia e il pubblico anche è molto più partecipativo. Per la Campania, infatti, è una grande opportunità, in “un territorio così a digiuno di teatro contemporaneo come Salerno” poi. Qual è il rapporto con il pubblico che la stagione intende creare, come si pensa di attivare una sensibilità e riuscire dunque nell’intento della stagione? Nonostante ho vissuto spesso fuori dalla mia città, non ho mai perso il contatto con essa, questo mi ha aiutato quando ho deciso cinque anni fa di ricominciare da Salerno, ripartire dall’origine. Quel rapporto mai reciso del tutto mi ha aiutato a riprendere contatti, a intesserne nuovi, ho instaurato rapporti ad personam, un contatto molto diretto con quello che è poi diventato il pubblico di Mutaverso Teatro. Salerno poi ha una sua memoria storica ed èuna città che ha ritrovato il suo dinamismo. Anch’essa è mutata molto negli ultimi anni, manon li ho vissuti come estranei questi cambiamenti, mi appartengono. La Stagione Mutaverso Teatro è organizzata da Erre Teatro e in collaborazione con il Comune di Salerno c/o l’Auditorium del Centro Sociale. Quale il dialogo con le istituzioni e che tipo di lavoro si sta svolgendo sul territorio? Con il Comune di Salerno è in corso un dialogo che ha buone basi per andare avanti e questo mi incoraggia. La possibilità di usufruire della gratuità della sala Auditorium del Centro Sociale collocato nella parte orientale della città è uno dei risultati di questo ascolto. Vi sono diverse cose in movimento. È importante anche il ruolo del pubblico e di piccoli sponsor che sostengono questo progetto. Mutaverso Teatro sta diventando sempre più una realtà che molti credono e vedono come propositiva per l’arricchimento della proposta sul territorio. Come elemento di novità sembra che vi è anche un interessante investimento nell’ambito della comunicazione … Mai come altri anni ho messo proprio la faccia per Mutaverso Teatro. Ho accettato di espormi ulteriormente facendomi affiancare da figure che curano i rapporti con la stampa, il pubblico, gestiscono la promozione. Diversi i mediapartner e le persone incontrate nel tempo che han creduto nel progetto. Se una persona si affida,“muta verso”. Venendo concretamente alla rassegna.Otto spettacoli, da gennaio a maggio 2018, un’offerta variegata. Come è stata pensata la scelta artistica? L’80% di quello che propongo è ciò che vado a vedere personalmente. Molto raro che inserisca nomi in stagione senza aver prima esplorato ciò che vi sta dietro, il movente non deve essere riempire un casellario per dire che si è creata una stagione. Certo mi lascio consigliare, vi sono molti occhi di cui mi fido, ma devo sentire che la presenza di uno spettacolo abbia un senso all’interno della stagione. In più leggere mail, prendere in considerazione le varie proposte, raccogliere il materiale richiede un tempo di decantazione e sedimentazione. A maggior ragione che il tutto poi viene consumato in una sera, perché per ora si tratta di una sola data per spettacolo, di “date secche”. Voglio che abbia un suo senso la scelta dell’artista all’interno del contesto, non stiamo solo riempendo un cartello, ma stiamo creando una relazione. Nel panorama contemporaneo come vedi l’organizzazione del sistema teatrale? Segui l’esempio di qualche realtà che pensi sia efficace nella realizzazione della sua proposta? Credo poco alla rete e molto alle affinità. La rete a volte può diventare una trappola e troppi la usano come pretesto per fingersi collegati. Vi deve essere chiarezza e consapevolezza fra artisti e interlocutori, tocca essere militanti realmente e poi usare parole come “fare rete”. Con tanti operatori campani si è innescato un bel confronto. Nessun sistema è stato ufficializzato ma abbiamo dialogato cercando punti di connessione o alternativi. È necessario per me, se proprio si deve instaurare un rapporto, quell’affinità di cui parlavo, che si ritrova e percepisce quando cogli la stessa necessità di far teatro. Mutaverso Teatro in maniera molto epidermica va incontro a questa forma di sentire.

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