«Deputati e senatori, la legge sul caporalato non si tocca»

PhD in sociologia, presidente della coop. In Migrazione e di Tempi Moderni a.p.s.. Si occupa di studi e ricerche sui servizi sociali, sulle migrazioni e sulla criminalità organizzata.
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29 giugno 2018
Dopo le dichiarazioni del governo, lettera aperta di Fabio Ciconte (Terra! Onlus) e Ivana Galli (Flai CGIL), sottoscritta da oltre 20 realtà della società della civile tra cui Amnesty International, Emergency, Oxfam e Libera, e personalità tra cui Luigi Ciotti, Luigi Manconi, Gian Carlo Caselli. «Riteniamo che la legge 199 vada considerata un caposaldo della nostra architettura normativa. Con la presente siamo a chiederle un impegno affinché non venga indebolita in alcun modo, bensì implementata con altre norme che, estendendo le responsabilità a tutta la filiera produttiva, garantiscano piena trasparenza in ogni passaggio e mettano i consumatori in condizioni di giocare un ruolo attivo nello scoraggiare le aziende che non rientrano nella legalità». Questa la richiesta contenuta in una lettera aperta promossa dall’Associazione Terra! e da Flai CGIL, cui hanno aderito Uila-Uil Nazionale, Libera, Amnesty International, Emergency, Oxfam, Arci, Emmaus, Centro Astalli, A buon diritto, MEDU, ASGI, InMigrazione, Fondazione Benvenuti in Italia, Mani Tese, DaSud, No Cap, Terrelibere.org Zalab e personalità come Gian Carlo Caselli e Luigi Manconi, indirizzata a tutti deputati e senatori. Dopo le recenti dichiarazioni del Ministro dell’Interno Matteo Salvini («la legge sul caporalato più che semplificare, complica») e del Ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio («va decisamente cambiata»), arriva l’altolà delle principali organizzazioni impegnate nella lotta al caporalato e allo sfruttamento in agricoltura. In questi anni, i firmatari hanno rappresentato un solido blocco sociale, le cui pressioni e denunce hanno portato il precedente governo a intervenire per via legislativa con la 199/2016. La legge sul caporalato rappresenta una risposta a quell’Italia scossa dalla morte di Paola Clemente e Abdullah Muhamed, braccianti morti di fatica nelle campagne del Mezzogiorno. Tra le novità, il testo introduce la responsabilità in solido delle aziende che impiegano caporali o approfittano delle condizioni di vulnerabilità dei lavoratori. Un passo importante, che secondo l’associazione Terra! pone le basi per una efficace azione repressiva. «Invece di modificare la legge sul caporalato è necessario dotarsi di misure preventive – dichiara Fabio Ciconte, direttore di Terra! – Con questa lettera aperta chiediamo al Parlamento di collaborare con la società civile per promuovere norme che vadano in direzione di un “approccio di filiera”, dall’etichettatura narrante dei prodotti alimentari a un elenco pubblico dei fornitori, fino a misure concrete per stabilizzare il lavoro agricolo e sottrarlo allo sfruttamento». Le stime più recenti mostrano che sono circa 405 mila i lavoratori stranieri regolarmente impiegati in agricoltura, più 430 mila irregolari. Molto spesso, tuttavia, la precarietà del lavoro stagionale e gli squilibri di potere all’interno della filiera produttiva riservano lo stesso trattamento ad entrambi: lavoro grigio o nero, caporalato, vita nei ghetti, violenze e intimidazioni. «L’assassinio di Soumaila Sacko nelle campagne calabresi dà il segno di quanto sia pericolosa la vita dei lavoratori agricoli – conclude Fabio Ciconte – Uomini e donne continuano a vivere in condizioni inumane nei ghetti, senza servizi, senza diritti e sotto attacco di individui senza scrupoli. Le istituzioni non gettino benzina sul fuoco, prendano in mano la questione e lavorino per costruire un’alternativa sostenibile e rispettosa dei diritti umani». Scarica la lettera qui

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