InQuiete Teatro. Donne, cultura e resistenza. Intervista.

di
Condividi
14 gennaio 2019
È stata una delle novità del 2018. Stiamo parlando di InQuiete Teatro, festival che ha riempito gli spazi dell’Angelo Mai. Una nuova esperienza al femminile, sorella di InQuiete Festival di Scrittrici, nata dalla determinazione e dalla voglia di diffondere cultura da parte di tante donne che hanno dato un senso alla parola collaborazione e hanno restituito una programmazione di tre giorni intensa e di qualità. Dato che il festival è stato frutto di numerose energie, ci siamo dedicate una chiacchierata multipla fra più voci che hanno contribuito a rendere InQuiete uno degli appuntamenti più interessanti dell’anno appena passato. In tante siamo marea non è solo uno slogan, dunque, ma una realtà concreta. Ne parlo con Giorgina Pi, Viola Lo Moro e Benedetta Boggio. Dopo InQuiete Festival di Scrittrici, nasce Inquiete Teatro. Da dove parte l’intuizione? Benedetta: Siamo le sorelle minori di InQuiete festival di scrittrici, proprio con loro abbiamo individuato e realizzato il desiderio di allargare lo sguardo riguardo la scrittura e le forme di scrittura delle donne e quindi anche alla dimensione teatrale, essendo l’Angelo Mai cantiere attivo dove passa e si fa tanto teatro. C’è stata un’alchimia di competenze e tanta vicinanza per realizzare questo progetto, è servita la forza di tutte. L’Angelo Mai, poi, sembrava una piazza tanta era l’interazione attiva. Viola: InQuiete, festival di scrittrici, nasce nel 2017. Un progetto della Libreria delle donne Tuba e dell’Associazione MIA supportato da numerose realtà. Già due anni fa, nell’ambito del festival, abbiamo avuto la possibilità di instaurare relazioni con tante registe, attrici e drammaturghe grazie all’Angelo Mai, con il quale da sempre esiste un’affinità politica e sociale. Ci hanno aiutato molto anche nella parte logistica del primo festival e da quella prima edizione è nata l’idea di indagare e far emergere la scrittura delle donne nel teatro, dare voce alle loro drammaturgie. Quindi abbiamo pensato assieme a una prosecuzione, toccando quello che è un altro argomento da molti ancora ignorato. Le donne scrivono, anche nel teatro, e spesso non sono considerate, soprattutto le giovani drammaturghe, oppure le autrici importanti che non vengono nemmeno tradotte. Incontri, dialoghi, focus, letture, pillole di storia del teatro, dj set. Quali i ragionamenti compiuti nella realizzazione nel processo creativo e l’interazione con il pubblico? Giorgina: Il tutto è stato pensato in quello che è poi lo spirito dellAngelo Mai, ovvero il non ingabbiare ma lasciare forme quanto più possibili aperte, dove il pubblico è coinvolto nei processi e ciò permette allo spettatore di sentirsi parte attiva. Eravamo tutte e tutti in qualche modo partecipanti. Abbiamo dunque creato dei dialoghi, come i Ritratti di signora, con donne della Società delle letterate che hanno presentato e parlato divarie forme e percorsi di scrittura, con un’autrici e con attrici che leggevano brani. Ci è sembrato interessante, inoltre, ricostruire una genealogia di donne teatranti che nella storia del teatro sono pressoché sconosciute, quindi abbiamo fornito delle pillole di storia del teatro e poi abbiamo trasmesso quella che è la vivacità della scena teatrale, che passa dalla scrittura alla regia, allinterpretazione, allorganizzazione tecnica, a molto altro. Far conoscere il teatro al di là del momento sacro che è lo spettacolo e la performance. Viola: Posso dire che l’idea, approfondita in particolar modo da chi ha curato la direzione artistica coinvolgendo tutte noi, è stata di rendere fruibile materiali ed esperienze che sono soliti per gli addetti ai lavori. Una formula accessibile per un pubblico un po’ più ampio rispetto a quello del teatro solito e nel contempo un approfondimento molto verticale sulle scritture specifiche. Si è voluta creare un’attenzione condivisa, stando assieme. La base per noi è sempre quella che vede queste iniziative come dei momenti di aggregazione, delle vere e proprie feste della cultura e delle donne. Si possono intessere relazioni, venire a conoscenza di nuovi sguardi, fare qualcosa che possa riempire la giornata entrando in uno spazio dove puoi ascoltare delle cose molto belle, di qualità e non sentire che sei fuori contesto. Ascolti un racconto, bevi una cosa, rientri, riascolti … c’è questo elemento della durata che è stato importante. E poi abbiamo terminato ogni sera con un dj set, perché la componente divertimento è importante e a noi piace sempre far festa. Veniamo alla proposta. Su cosa si è basata la scelta delle artiste? Giorgina: Abbiamo tentato di creare una panoramica variegata sulle tante declinazioni che ha lo scrivere nel teatro, quindi abbiamo scelto di invitare delle drammaturghe maggiormente legate alla parola che rimanda ad una dimensione privata e di non immediato approccio con l’artista o la compagnia, altre drammaturghe che invece necessitano del lavoro con gli attori in sala, delle prove, e grazie all’improvvisazione degli artisti possono lavorare e scrivere. Altre sono interpreti di loro stesse, cioè producono, creano, correggono e dirigono quello che fanno. C’è, dunque, un panorama di possibili interpretazioni da poter conoscere. Molta la varietà di territorio anche, diverse donne dell’area romana ma anche provenienti da altre zone che hanno partecipato. Qual è stato il rapporto con le istituzioni, c’è stata una qualche forma di interesse o partecipazione? Benedetta: Il festival è frutto di una pluralità di intenzioni che ha svolto e creato tutto questo in una dimensione autorganizzata e autoprodotta. Le sottoscrizioni volontarie e il fondamentale impegno della Società delle letterate hanno sostenuto questa esperienza. Giorgina: Non c’è stato confronto o qualche tipo di partecipazione. Come molte realtà del panorama romano, abbiamo sostenuto un’enorme quantità di lavoro gratuito, date le spese vive che tocca affrontare, nel nostro caso portato avanti da tante, tantissime donne. La domanda da farsi è quella antica: Questi soldi delle istituzioni dove vanno a finire? Possibile che non si riesce a dare sostegno ad una realtà piccola ma così produttiva? Ho l’impressione che poco interessano le iniziative culturali, non tutte almeno. Noi dell’Angelo Mai riceviamo costantemente attestati di stima, dato il lavoro d’impegno e qualitativo che offriamo, ma le stesse persone che lodano non hanno poi il coraggio di investire in una realtà che accende sempre molti dibattiti. Viola: Il primo festival ha intrecciato un unico rapporto istituzionale con le Biblioteche di Roma, in particolare la Biblioteca Goffredo Mameli. Con loro portiamo avanti un rapporto di collaborazione da decenni, in più varie realtà del quartiere hanno sostenuto il progetto. In questa prima edizione dedicata al teatro possiamo dire che ci sono stati molti spazi amici, il Fivizzano 27, la Società delle Letterate, la Casa Internazionale delle Donne, Tuba che è ideatrice del primo InQuiete. Per il resto è stato veramente tutto farina del sacco delle nostre sorelle, con le quali siamo state felicissime di collaborare. Ci si rende purtroppo conto dell’assenza della volontà di promuovere progetti culturali, quando in realtà ci sarebbe bisogno di maggiore attenzione e di finanziamenti per poter gestire meglio le cose da fare e non stare sempre in affanno. Tocca sensibilizzare le persone e gli enti privati, ricordargli che progetti culturali del genere sono una cosa importante. Parlando degli aspetti positivi, il festival è andato molto bene. Tiriamo fuori un bilancio e qual è stata la risposta del pubblico? Giorgina: È stata una prima edizione con dei numeri pazzeschi. Siamo state seguite dall’inizio alla fine, un pubblico diversificato, un evento al femminile con anche la presenza di molti uomini, un’esperienza che ha arricchito tutti, dove il coinvolgimento è stato totale. Siamo felicissime. Benedetta: Tre giorni di pienone. Anche se gli incontri si sono svolti in periodo prenatalizio, le persone hanno affrontato il traffico e organizzato il loro tempo per venire. Questa è stata la soddisfazione più grande che ci ha portato a concretizzare che questa prima edizione pilota può avere una sua continuità. Agli uomini, non tutti almeno, ma a quelli che purtroppo ancora intavolano discorsi sulle donne che ormai hanno più voce, che la cultura e il mondo non sono più solo al maschile, che le cose sono cambiate e alla fine la parità l’abbiamo raggiunta e quindi basta con queste iniziative solo al femminile … cosa rispondiamo? Viola: Toccherebbe che si informasse veramente chi parla così, non è vero che esiste una parità, tante conquiste fatte, ma la parità non è sostanziale. Basta guardarsi attorno e leggere i dati degli osservatori delle donne nell’editoria, basta vedersi gli articoli usciti sulla rivista inGenere. Dobbiamo riuscire tutte e tutti insieme a demolire questa concezione che le donne scrivono per le donne mentre gli uomini scrivono per tutti. Quel tutti deve prendere coraggio e leggere la scrittura delle donne e rendersi conto che parlano anche di loro, così come molte donne hanno letto scrittori maschili per una vita riconoscendone il valore e rivedendosi in alcune parole. InQuiete poi ha come centro del discorso le donne, ma non è aperto solo a donne, e comunque tocca avere l’umiltà di accettare che le donne possono prendersi liberamente dei posti e farci quello che vogliono con il loro talento . Giorgina: Per anni, in nessun libro di storia abbiamo letto il nome di una donna. È giusto che noi rivendichiamo il diritto di emergere. I dati statistici, poi, dicono chiaramente che la cultura è ancora in mano agli uomini, ci sono percentuali schiaccianti sugli uomini che guadagnano più della donne, che detengono un potere logistico. Abbiamo aperto proprio con un’indagine le giornate di InQuiete Teatro. Brina Kenny ha portato sul palco una ricerca sui numeri che riguardano le donne nel settore teatro e ci sono dati allarmanti a riguardo.

Leggi anche