La primavera in Georgia

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29 maggio 2019
Il 26 maggio la Georgia ha festeggiato il centunesimo anniversario dall’indipendenza. La data viene ricordata con una grande parata militare nel centro della capitale Tbilisi. Le celebrazioni arrivano in una fase interessante delle vicende politiche del paese, incluse le regioni secessioniste. Ricordarle diventa l’occasione per fare il punto sulla primavera politica georgiana. Una panoramica Nel tumulto politico dell’agonia dell’impero zarista che accelerava la propria fine con la prima guerra mondiale, il 26 maggio del 1918 la Georgia dichiarava la propria indipendenza che sarebbe poi stata cancellata con l’annessione all’Unione Sovietica nel 1921, per settant’anni, fino alla fine dell’URSS nel 1991. Quasi trent’anni dopo la Georgia è un paese stabilizzato, che si è lasciato alle spalle i colpi di stato e i conflitti armati interni, ma che rimane con confini incerti perché senza il controllo delle due regioni secessioniste di Abkhazia (nord-ovest del paese, sulla costa del mar Nero) e Ossezia del Sud (nord del paese). Ambedue le regioni secessioniste confinano con la Russia e ne sono riconosciute e sostenute, economicamente e militarmente. Il precedente governo, quello del presidente Mikheil Saakashvili, ha combattuto una guerra contro la Russia nel 2008, finita con un nuovo congelamento degli scontri e con il limitato riconoscimento delle due aree contese. Tbilisi non perde la speranza di poter ricomporre i termini del conflitto a proprio vantaggio ma per il momento non c’è nessuna prospettiva di risoluzione politica in brevi tempi. I secessionisti si allontanano sempre di più dalla Georgia, dalla memoria di una statualità condivisa e rimangono fortemente dipendenti da Mosca, e sempre più integrati nel sistema russo, dalla sicurezza alla distribuzione, al sistema sanitario e pensionistico, all’economia. Questo il quadro delle territorialità e delle entità politiche come si presenta in questa primavera caucasica. Ognuna di esse, tanto la Georgia quanto le due secessioniste Abkhazia e Ossezia del Sud passano quest’anno per le urne elettorali, anche se con gradi diversi. Le elezioni georgiane Il 19 maggio si è votato per il rinnovo di un seggio parlamentare e di cinque sindaci e 8 giunte. Il voto ha confermato gli equilibri politici nel paese oggi. Dal 2012 la maggioranza, e una sempre crescente fetta di potere, è passata dal Movimento di Unità Nazionale di Saakashvili, al Sogno Georgiano, dell’ex oligarca e oggi politico Bidzina Ivanishvili. I due partiti si sono confrontati di nuovo quest’anno nelle amministrative, mentre per l’assegnazione del seggio vacante il confronto è stato fra il Sogno Georgiano e Georgia Europea. Georgia Europea è una costola del Movimento Nazionale. Dopo le elezioni del 2016 che hanno confermato e consolidato il potere del Sogno Georgiano, il Movimento s’è scisso. Saakashvili, ormai esule all’estero, privato della cittadinanza georgiana, rimaneva al controllo del Movimento, mentre nomi storici del partito fondavano Georgia Europea. Saakashvili è poi stato condannato in absentia a tre anni di carcere e dal marzo 2019 non è più il segretario del Movimento. Il partito pare sempre più marginalizzato e che non è riuscito a conquistare seggi nelle amministrative nemmeno nelle proprie tradizionali roccaforti. Per quanto riguarda il voto nazionale, con la probabile assegnazione del seggio vacante al Sogno Georgiano al secondo turno, questo avrà 106 seggi su 150, Georgia europea ne manterrà 19, 7 il Movimento. È un parlamento occupato da sole forze di centro – centro destra, che esprimono una politica estera pro-europeista anche se con sfumature differenti. Il governo del Movimento si distingueva per un entusiasta atlantismo i cui toni risultano con il corrente governo molto più smorzati, anche se a livello concreto nulla è cambiato: programmi, collaborazioni, sostegno reciproco con il governo USA rimangono. Sicuramente sono meno forti i rapporti personali fra le presidenze americane e georgiane di un tempo, e la presidente eletta nel 2018, Salomè Zourabishvili. La Zourabishvili è stata una diplomatica con solidi rapporti con l’Europa. Ma va anche precisato che la Georgia è ora – a differenza degli anni di Saakashvili – una repubblica parlamentare, e il protagonismo politico del capo dello stato ha quindi anche istituzionalmente una dimensione diversa. Che succede a nord-ovest? Per quanto riguarda il meccanismo di risoluzione del conflitto abkhazo, continuano le negoziazioni di Ginevra per una soluzione che non implichi un nuovo uso della forza e per la piena implementazione dell’accordo di sei punti che ha messo fine ai combattimenti nel 2008. L’ulteriore meccanismo di incontri periodici fra le parti è interrotto dal 2018, i secessionisti abkhazi lo boicottano da quando la Georgia ha adottato una lista nera di 33 condannati per violenze contro cittadini di nazionalità georgiana uccisi in Abkhazia e Ossezia del Sud, la così detta lista Otkhozoria-Tatunashvili che porta i nomi di due recenti vittime. Pe quanto riguarda le vicende interne al territorio secessionista, l’Abkhazia si è data un ordinamento presidenziale. Dopo un’ascesa al potere assai turbolenta è presidente Raul Khadjimba. Le elezioni presidenziali erano fissate per il 21 luglio. Ma la primavera ha visto uno slittamento del voto. Di nuovo l’area secessionista è teatro di instabilità, presunti crimini contro le opposizioni, manifestazioni, e rattoppi dell’ultimo momento. Questa volta il casus belli è un presunto avvelenamento. Aslan Bzhania, a capo di un partito di opposizione e candidato alla presidenza, è stato ospitalizzato d’urgenza ad aprile. Tracce di alluminio e mercurio nel sangue, blocco respiratorio – si è parlato di polmonite, di avvelenamento – e impossibilità di parlare. La tesi dell’avvelenamento è stata ben più creduta che quella della polmonite, indipendentemente dai responsi dei medici russi (Bzhania è stato portato ed è ancora in Russia). Sotto pressione popolare Khadjimba ha dovuto posticipare le elezioni ad agosto, registrare la candidatura di Bzhania anche senza le procedure che chiaramente costui non è in grado di espletare. E a nord? Anche per l’Ossezia del Sud rimane aperta la negoziazione di Ginevra, e il meccanismo corrispondente a quello interrotto in Abkhazia è invece in funzione. Il più recente incontro si è tenuto il 16 maggio, con i rappresentanti dei secessionisti, dell’OSCE, della Missione dell’UE. Anche in Ossezia del Sud si voterà fra poco. Il 9 giugno si dovrebbe rinnovare il parlamento della piccola repubblica secessionista, circa 35 000 elettori per eleggere 34 rappresentanti. Il parlamento del 2014 vede il partito presidenziale a 20 seggi. E l’ex Ministro delle Comunicazioni (fino al 2011) a maggio si vede prolungata la detenzione in attesa di processo di due mesi e rifiutata la candidatura. Niente domiciliari e niente elezioni per una figura che al momento dell’arresto sarebbe stato un agente dell’intelligence ossetina. La primavera georgiana volge verso l’estate non avendo risparmiato colpi di scena, e con ancora probabilmente qualche sorpresa dietro l’angolo.

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