L’attualità della figura di Giorgio Ceriani Sebregondi e del suo pensiero sociale e politico

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21 settembre 2020
E’ utile approfondire la figura inedita e poco conosciuta ai più: quella di Giorgio Ceriani Sebregondi (1916-1958) intellettuale e sociologo dello Svimez, nato fuori dai circuiti accademici tradizionali nel quale si colgono gli “assi di trasformazione” (G. De Rita) del concetto di sviluppo locale, issue che “implica prestare prevalente attenzione a processi che mirano al miglioramento della qualità della vita e del benessere dei cittadini, rispetto a dinamiche esclusivamente quantitative di crescita di indicatori economici come il prodotto interno lordo” (L. Ciappetti).
Lo sviluppo locale diventa fondamentale nel dibattito delle idee della globalizzazione sistemica perchè permette di declinare la dinamica dei sistemi sociali ed economici “con una prospettiva che attribuisce centralità alle decisioni che scaturiscono in una modalità collaborativa e partecipativa a livello locale” (L. Ciappetti).
Il concetto di sviluppo locale è antico e riguarda la dimensione sociale dell’agricoltura. I primi studi di questo ambito scientifico risalgono all’800. Si guardi all’intellettuale lombardo Carlo Cattaneo, figura poliedrica di grande fascino il cui approccio multidisciplinare e intersettoriale allo sviluppo influenzerà in maniera evidente tutto il lavoro di GCS.
Inoltre potremmo elencare in questo “viaggio nello sviluppo locale” tutta la tradizione degli studi Arrigo Serpieri, elaborazioni innovative che anticipavano schemi concettuali qualitativi nella ricerca socioeconomica e che avrebbero costruito forti legami accademici e di linee di pensiero con un altro personaggio legato a Giorgio Ceriani Sebregondi, parliamo di Manlio Rossi Doria, fondatore della scuola del Gruppo di Portici (G. Marselli) ed estensore delle politiche del mezzogiorno e delle politiche di intervento.
In questo asset di contaminazioni nasce il prototipo sebregondiano aideologico, irregolare e protestante di GCS, un approccio umanistico all’economia dei territori che anticipa il pensiero di Amartya Sen, visione territoriale e auto propulsiva (C.F. Casula) non localistica, un filone di pensiero che avrà eplorazioni in molta letteratura sociologica da Trigilia, a Fabrizio Barca fino a Robert Putnam:
“La dimensione locale dello sviluppo è stata quindi (come ha ben documentato il prof. Santamaita nel suo volume di analisi parallela del pensiero di Adriano Olivetti e di Giorgio Ceriani Sebregondi) un riferimento costante del pensiero sebregondiano.
Egli vedeva tale dimensione non come tumultuoso spontaneismo localistico ma come processo comunitario da coordinare al lavoro di sviluppo e programmazione a livello nazionale” (G. De Rita, pag. 26 in Credere nello Sviluppo sociale di C.F. Casula, Edizioni Lavoro, Roma, 2010).
Lo sviluppo è un triangolo composto da tre dimensioni istituzioni, società locale e comunità nel quale vige una reciprocità esigente tra conflitto e mutamento, e in cui bisogna alimentare il capitale sociale territoriale, elemento che non deve mai venire meno tra le dimensioni del triangolo di GCS per il fare sociale e il fare comunità, il “triangolo rotto” mette in crisi la democrazia effettiva e il problema di “partecipazione periferica” (G. De Rita, pag.26 in Credere nello Sviluppo sociale di C.F. Casula, Edizioni Lavoro,Roma, 2010) che vuole diventare attiva.
La struttura del pensiero ivi descritto potrebbe essere utilizzato per costruire un’Agenda di città progetto per lo sviluppo metropolitano in antagonismo alla molecolarità sociale e l’ambizione di “dar forma istituzionale alla sabbia” (S. Lanaro).
Tale paradigma cooperativo dei territori supera lo schema debole del fordismo nelle sue linee urbanistiche, e il binomio centro periferia. La nuova prospettiva trasforma i flussi e i luoghi della periferia come i nuovi laboratori dell’innovazione sociale e del fare comunità territorio nel viaggio della “modernità liquida”.
La svolta postfordista costruisce nuovi modelli di governance e nuovi modelli di partecipazione civica, rimettendo in gioco gli elementi coesione sociale e risorse locali di cittadinanza responsabile, un dinamismo locale che innesca meccanismi virtuosi di partecipazione politica e di crescita culturale nella “coscienza dei luoghi”.
Il nodo rimane nella palude del dibattito sulle autonomie territoriali, e assumendo come costruttive queste innovazioni di pensiero potremmo immaginare percorsi di buona politica e di buona amministrazione, verso un processo riformatore ed efficiente della pubblica amministrazione locale e dei suoi assetti amministrativi, una vision innovativa e strategica di “identità progettuale” per le nostre città territorio.

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