Conversazione con Eugenio Stanziale, Segretario Generale Filt Cgil Roma e Lazio

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04 novembre 2020
In un fase di crisi strutturale del modello di sviluppo vigente, diviene sempre più difficile immaginare nuovi scenari complessi, fare analisi organizzative e proposte cogenti per uscire dallo stallo del debito, ricostruendo un rapporto tra capitale e lavoro. La Federazione italiana lavoratori trasporti per i suoi quarant’anni di nascita vuole tentare di invertire questa tendenza, investendo sulla conoscenza e su una serie di tavoli che conterranno idee per lo sviluppo del Paese, in particolare per la Capitale. Ne discutiamo con Eugenio Stanziale, segretario generale Filt Cgil Roma Lazio.
Qual è la vostra proposta per un vero cambiamento che accetti la sfida dello sviluppo sostenibile?
La nostra riflessione nasce da una considerazione di carattere generale che riguarda la consapevolezza per cui la mobilità e le infrastrutture materiali ed immateriali ad essa riconducibile rappresentano il sistema su cui si innesta il progresso del Paese. Il trasporto di persone e merci sono la base delle relazioni sociali e commerciali e definiscono la qualità della vita, nonché declinano la piena realizzazione dell’individuo come cittadino membro di una comunità.
Come cambierà la mobilità nei prossimi anni, anche in connessione con le nuove forme di lavoro immateriale post Covid-19?
Ricostruire un Paese accettando la sfida dello sviluppo sostenibile significa avere anche una visione della mobilità che si faccia carico di una nuova idea del trasporto delle persone e delle merci. Il periodo che ci troveremo ad affrontare, denso di complicazioni, ci offre l’opportunità di intervenire radicalmente in un settore che era profondamente in crisi già da prima. La pandemia nel nostro Paese non ha fatto altro che evidenziare le debolezze strutturali e la fragilità di un sistema chiuso su se stesso e adagiato su strutture di pensiero rivolte al passato, incerte nell’interpretare il contesto e di conseguenze nel capire il futuro. Mobilità, logistica, trasporto merci e persone può essere l’acceleratore di un processo di cambiamento che si ponga il tema del “progresso sostenibile” nell’accezione pasoliniana. Questo significa contrapporre ad una idea di sviluppo, seppur sostenibile, tutto economico e consumistico, un'idea di progresso che abbia come sostanza un'idea dell’economia che sia ambientale e sociale di scambi e relazioni. L’impegno che noi ci poniamo è quello del diritto ai cittadini ad una mobilità delle relazioni, della logistica, delle merci che parta dalla programmazione e la pianificazione dei bisogni e delle necessità e metta al centro il territorio, con le sue caratteristiche paesaggistiche e urbanistiche e le persone, cittadini, lavoratori, studenti, turisti, con le loro necessità e i loro bisogni. Una mobilità quindi al servizio della collettività e non la mobilità per qualcuno. C’è bisogno di un ruolo attivo dello Stato e di tutte le sue componenti, politiche, sociali, civiche che spesso consideriamo una entità astratta e maligna, ed è stato il vero limite culturale e politico che ha impedito a questo Paese di crescere e di competere. C’è bisogno però che questo cambio venga accompagnato da una visione collettiva condivisa per investire concretamente in infrastrutture e trasporti al servizio delle persone e rispettose dell’ambiente.
Quali politiche industriali dovranno essere attivate per uscire dalla crisi dal suo osservatorio?
Innanzitutto un cambio di approccio culturale, perché un progresso ambientale e socialmente sostenibile è un obiettivo raggiungibile solo se cambiamo modalità di produzione, di consumo e stili di vita. La Filt Cgil si sta interrogando sul futuro dei trasporti dopo il Covid-19 e sta portando avanti, anche con coraggio rispetto alle logiche difensive del sindacato, un lavoro di ricerca e riflessione per non farci trovare impreparati. L’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, i cambiamenti sociali, demografici, insediativi e l’innovazione sociale, porterà con sé profonde trasformazioni nella società e nei modelli di organizzazione del lavoro e della vita sociale. Ecco perché c’è la necessità di un sindacato capace di interpretare i cambiamenti all’interno di una cornice che, nel declinare la sostenibilità ambientale come paradigma strutturale, sia consapevole che trasporti e mobilità rivestiranno un ruolo cruciale per riprogettare il Paese.
Il settore dei trasporti, della mobilità nei prossimi anni cambierà profondamente. Le tendenze già in atto in questa fase sul trasporto pubblico, sull’e-commerce e quindi la filiera delle merci e della logistica, sul sistema dei porti e degli aeroporti, stanno a dimostrare che le dinamiche di cambiamento sono strutturali ed incideranno profondamente anche sul nostro modo di essere e fare sindacato nei prossimi anni. Nel trasporto pubblico assistiamo ad una tendenza, già individuata prima dello scoppio della pandemia, in cui le persone si spostano meno coi mezzi pubblici, privilegiando quelli privati. Il trasporto pubblico è sempre più spesso utilizzato dalle fasce di popolazione più deboli e fragili che non possono scegliere altri mezzi di trasporto. Quel diritto costituzionale alla mobilità pubblica si è trasformato, per mancanza di visione e di investimenti, da una risorsa per tutti a una necessità solo per chi non ne può fare a meno. Questa tendenza si è ampliata con l’impatto del telelavoro, dello smart-working e di tutti quegli strumenti di flessibilità di lavoro che la tecnologia mette a disposizione e che cambieranno l’organizzazione del lavoro. Se queste dinamiche, come pensiamo, saranno confermate, dobbiamo essere in grado di cogliere queste trasformazioni per sviluppare un modello di mobilità urbana che ridisegni complessivamente il sistema dei trasporti pubblici. Bisogna ripensare gli orari di vita e di lavoro delle città, e nelle grandi aree metropolitane urbane, oltre il decentramento dei luoghi e degli spazi della cittadinanza e della socialità, orientarsi verso una mobilità integrata che includi e rafforzi forme pubbliche e collettive di spostamento. Privilegiare politiche tariffarie integrate e gratuità, ad esempio, agli studenti. Investire in tecnologie della mobilità, app in grado di canalizzare le diverse domande, contare persone in entrata ed uscita sui mezzi di trasporto, informazioni in tempo reale sugli orari e infine ricostruire ed orientare la politica industriale del settore. Mancano player nazionali in grado di produrre mezzi di superficie a basso impatto ambientale.
Come stanno cambiando la logistica e le filiere del valore?
L’e-commerce durante la fase del lockdown è esploso determinando una nuova centralità. Il fenomeno che era già in crescita di suo ma ha avuto una accelerata esponenziale in un settore che purtroppo ha al proprio interno una filiera di appalti e subappalti che non garantiscono una qualità del lavoro e del salario e dove il legame tra legalità e illegalità è molto fragile. Si è scoperto che i lavoratori dell’e-commerce sono essenziali per il Paese, conseguentemente bisogna operare per garantire diritti e salari certi, ed è questa la principale sfida alla quale siamo chiamati. Gli acquisti da parte dei consumatori sono aumentati e sempre di più ci sarà lo stimolo all’utilizzo di questo sistema. Bisogna governane gli effetti, ragionando su come fare arrivare le merci nei centri della logistica e come poi distribuirli nelle città. Quindi piani logistici delle città che siano rispettosi delle caratteristiche urbane del territorio e non siano invasivi, magazzini dislocati in punti strategici facilmente raggiungibili, riutilizzo di manufatti industriali abbandonati, distribuzione delle merci in città, privilegiando mezzi a basso impatto ambientale, orario di scarico e carico delle merci in fasce predeterminata. Anche qui, in questo ambito che si è improvvisamente scoperto strategico, c’è una assenza di player nazionali per il trasporto merci. Le stesse vengono trasportate soprattutto su gomma con un aumento notevole dell’inquinamento, e non c’è una visione di sistema che metta insieme il trasporto delle merci via nave, via ferrovia e cargo aereo. In una logica di sistema Paese questa può essere una parziale risposta al crollo del turismo che ha investito il trasporto aereo, il trasporto marittimo ed anche il trasporto ferroviario. Proprio i dati sul turismo sono impietosi. La domanda di trasporto aereo e di trasporto marittimo è crollata vertiginosamente. Le stime non sono incoraggianti e si prevede lontanissimo il ritorno alla normalità.
L’occupazione nel solo settore del trasporto aereo, al di là della crisi storica di Alitalia, sulla quale la categoria insiste per un piano industriale che sfruttando questa fase investa con lungimiranza nel lungo raggio, potrebbe crollare oltre il 35%. Il trasporto aereo e il trasporto marittimo sono tra i settori più inquinanti ed è quelli su cui bisogna intervenire più radicalmente, ma il giusto obiettivo della riduzione degli elementi inquinanti non ci può far perdere di vista il tema occupazionale che nei prossimi mesi potrebbe abbattersi su questo settore. C’è bisogno di un processo di razionalizzazione e di riconversione con investimenti in nuove tecnologie, prevedendo interventi formativi specifici per gli operatori e offrendo servizi di qualità ai passeggeri, perché la domanda dei prossimi anni sarà più legata al turismo e a viaggi per motivi familiari che ai viaggi business che prima della pandemia rappresentavano oltre il 30% della domanda. I voli domestici, esclusi quelli verso le isole, saranno sostituiti dal potenziamento dell’alta velocità ferroviaria, e saranno privilegiati i voli internazionali. Quindi anche qui c’è bisogno di un ruolo attivo dello Stato, che nel gestire le inevitabili ricadute occupazionali e sociali, sia in grado di orientare il settore individuando le priorità strategiche.

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