Conversazione con Marco Simoni, presidente Human Technopole Disegno e Trasformazione del sistema produttivo italiano

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10 dicembre 2020
Seguendo le linee guida del suo saggio Senza Alibile chiedo come ha reagito il Sistema Paese alla crisi da COVID 19?
Sapremo dare un giudizio sulla reazione alla crisi sanitaria, economica e sociale solo una volta che ne saremo usciti, solo allora avremo le coordinate. Fino a quel momento non potremo rispondere poiché la crisi sarà ancora in atto. Oggi il nostro esecutivo può solo resistere a questa crisi mettendo in campo delle misure emergenziali per sostenere il paese in difficoltà, ma presto bisognerà vedere in campo misure per la ripresa.
E ci sono alcune domande chiave a cui dovremo rispondere. Sapremo, una volta finita la crisi, sfruttare appieno il volano degli investimenti europei del Next Generation Ue? Sapremo rispondere ai bisogni delle persone, delle imprese in termini di qualità dell’occupazione? Sapremo attuare politiche di intervento e di crescita per lo sviluppo sostenibile e per i driver centrali, coniugandoli con investimenti privati su settori strategici per le filiere italiane?
Guardando alla sua esperienza al vertice di un grande istituto di ricerca, quale pensa sarà il ruolo della ricerca scientifica inclusa quella sanitaria?
Come Sistema Paese dobbiamo fare rete e mettere a regime politiche di sviluppo orientate all’innovazione organizzativa e alla valorizzazione del capitale umano.
A fianco dei tradizionali centri di ricerca scientifica dobbiamo puntare su filiere aperte, ecosistemi e centri di trasferimento tecnologico nei settori in cui l’Italia già eccelle come ad esempio l’agroalimentare e le scienze della vita.
Come Human Technopole ci siamo impegnati in questi mesi nell’ambito della ricerca anti- Covid, collaborando con importanti centri di ricerca tramite partenariati europei e investendo sulle persone, sui ricercatori che rientrano da sedi estere e tornano in Italia per la prima volta per lavorare da noi. La ricerca che svolgiamo nel nostro centro ha due obiettivi generali. Primo: sviluppare la medicina personalizzata e predittiva sfruttando la capacità degli studi genetici su grandi masse di dati. Secondo, queste evoluzioni scientifiche e tecnologiche saranno fondamentali per proteggere e sostenere il nostro sistema di sanità pubblica, e dunque oggi la ricerca scientifica è una arma fondamentale contro le disuguaglianze.
Il nostro lavoro va quindi a rafforzare la ricerca e la sanità pubblica, scongiurando il pericolo di avere solamente un’offerta sanitaria privata per pochi.
Quali politiche industriali per rendere la nostra economia più sostenibile?
Seguendo la discussione italiana sul pensiero economico, da ricercatore non mi voglio addentrare in polemiche inutili tra apocalittici e integrati sull’intervento statuale.
Voglio solo dire che dobbiamo riprogettare il nostro sistema produttivo e il nostro Sistema Paese attraverso i piani dell’UE con i 207 miliardi di euro in dotazione, ma con alcune integrazioni di metodo e di visione. Lo Stato deve creare le condizioni di contesto.
Servono politiche locali di sviluppo su urbanistica e infrastrutture, non si creano ecosistemi efficienti e capitale intellettuale senza queste e senza i luoghi, come succede alla città di Milano: sistema urbano locale, ma innervato nel sistema globale ed europeo, che la porterà nel breve medio periodo a diventare un riferimento a livello europeo per le scienze della vita.
In riferimento al paper da lei scritto sulla Questione romana per la rivista del Il Mulino, quale rilancio per la Capitale in una fase di ripartenza del sistema produttivo italiano?
Anche la Capitale è un altro tasto dolente per il sistema economico nazionale: una città senza una capacità progettuale, senza una vocazione industriale (oggi solo il 4% del PIL romano è manifattura), senza un modello di trasformazione e di riconversione. Un sistema produttivo, fatto anche di eccellenze, de facto sfilacciato e senza una rete o regia pubblica. Si pensi per esempio al Polo industriale di Pomezia, al Tecnopolo Tiburtino ed altre realtà importanti. Per non parlare dei saperi e della presenza di centri di ricerca e di grandi istituzioni formative in numero senza eguali in Europa, anche questi senza una strategia orientata a obiettivi di innovazione.
Roma deve avere connessioni, essere attrattiva per coloro che saranno protagonisti dello sviluppo sostenibile: i giovani che vogliono ecosistemi di qualità e offerta di servizi. Su questo fronte paghiamo certamente un deficit di progettazione e di classe dirigente.
Penso tuttavia che esistono tutte le condizioni per una inversione di tendenza e perché i prossimi dieci anni siano fino in fondo gli anni della rinascita di Roma, e con essa, di tutto il Paese.

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