Msf: trasferire immediatamente tutti i richiedenti asilo dai campi delle isole greche. I bambini tentano il suicidio e la responsabilità è dell'Ue e di tutti noi

PhD in sociologia, presidente della coop. In Migrazione e di Tempi Moderni a.p.s.. Si occupa di studi e ricerche sui servizi sociali, sulle migrazioni e sulla criminalità organizzata.
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21 dicembre 2020
Nella Giornata internazionale dei migranti, Medici senza frontiere (Msf) esorta l’Ue e le autorità greche a "trasferire immediatamente tutti i richiedenti asilo dai campi delle isole greche in una sistemazione sicura sulla terraferma". L'appello, inoltre, chiede di riconsiderare l’inaccettabile progetto della realizzazione di nuovi campi chiusi alle frontiere che non faranno altro che intrappolare le persone aggravando i loro problemi di salute mentale" e sostiene che "le autorità greche dovrebbero inoltre garantire tutele speciali alle persone con problemi di salute mentale sulle isole greche ed evacuare le più vulnerabili in una sistemazione sicura sulla terraferma o in altri stati dell’Ue". "A quattro mesi dall’incendio che ha distrutto il campo di Moria e nonostante le vane promesse dell’Ue, più di 15mila donne, uomini e bambini sono ancora intrappolati in condizioni disumane e insicure in campi sulle isole greche", scrive Msf, sottolineando che le sue squadre riscontrano livelli preoccupanti di problemi di salute mentale: il 60% dei pazienti a Samos hanno manifestato pensieri suicidi e gli psicologi di Msf a Lesbo hanno trattato 49 casi di bambini che hanno tentato il suicidio nel corso dell’anno. "Nonostante le promesse dell’Ue, gli incendi di Moria, Samos e Chios non hanno spazzato via la dannosa politica di contenimento sulle isole greche e le persone dovranno affrontare un altro inverno in condizioni disumane nel pieno di una pandemia globale", afferma Stephan Obberreit, capo missione di Msf. "Un nuovo ‘centro di accoglienza e identificazione’ è stato costruito a 5 km dal campo di Vathy e un altro sarà realizzato a Lesbo, un piano che non farà altro che aumentare la sofferenza di queste persone, rendendola ancora più invisibili", ha aggiunto. Medici senza frontiere riferisce che a Samos 3.500 persone vivono in un centro da 648 posti in condizioni miserabili. La maggior parte vive in tende di fortuna nel bosco accanto al centro senza accesso a docce, né servizi igienici e ripari adeguati per proteggersi dal freddo. Il team di salute mentale di Msf ha recentemente registrato nel campo di Vathy un preoccupante aumento del numero di pazienti con sintomi gravi, come già accaduto nel corso del 2020. A novembre, il 60% dei pazienti che si sono recati nelle cliniche di Msf ha dichiarato di aver pensato al suicidio e il team dell'organizzazione ha rilevato che il 37% era a rischio suicidio. L’équipe Msf continua a monitorare la situazione. "Dopo ogni evento critico e dannoso, come gli incendi, il recente terremoto, il lockdown, abbiamo assistito ad un incremento dei casi gravi nella nostra clinica, con un aumento decisamente preoccupante dei pensieri di suicidio e autolesionismo da parte delle persone intrappolate nel campo", dichiara Lindsay Solera-Deuchar, psichiatra di Msf a Samos. E aggiunge: "Essere costretti a vivere in condizioni difficili per un periodo prolungato e la continua incertezza sulle richieste di asilo contribuiscono ad aggravare i problemi di salute mentale delle persone nel campo, molte delle quali hanno già vissuto eventi traumatici nel loro paese di origine o durante il loro viaggio fino in Grecia. Senza affrontare questi problemi, è impossibile assistere in modo efficace i nostri pazienti. Hanno bisogno di un ambiente sicuro e stabile per recuperare". A proposito di Lesbo, inoltre, Msf spiega che più di 7mila richiedenti asilo, di cui 2.500 bambini, vivono in tende che spesso si allagano a causa delle piogge. "Recentemente, il terribile episodio di una bambina di tre anni violentata nel campo dimostra la sconvolgente inadeguatezza delle misure di protezione e l’urgente bisogno di alloggi sicuri e dignitosi per i più vulnerabili", scrive Msf. Da quando è avvenuto l’incendio e i migranti sono stati trasferiti in un nuovo campo, gli psicologi infantili di Msf continuano a notare preoccupanti sintomi tra i bambini tra cui: sonnambulismo, incubi, comportamenti regressivi, autolesionismo e idee suicidarie. Nel 2020, gli psicologi infantili di Msf hanno trattato 49 casi di bambini con sintomi di idee suicida e tentativi di suicidio. "Continuiamo a vedere disperazione, sintomi depressivi e alcuni casi estremi di psicosi reattiva, autolesionismo e idee suicidarie", afferma Thanasis Chirvatidis, psicologo infantile di Msf a Lesbo. "Tra i casi più gravi, vediamo bambini che si isolano o esprimono il desiderio di porre fine alla propria vita. Vogliono stare dentro la tenda tutto il tempo, non vogliono socializzare e desiderano morire per fermare la loro sofferenza e non sentirsi più così". Le vere cifre di un fenomeno che fa discutere La giornata mondiale dei migranti si celebra dal 2000. La data si riferisce all'adozione da parte dell'Assemblea Generale Onu della "Convenzione per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie" avvenuta 18 dicembre 1990 e entrata in vigore nel 2003. Finora sono 54 i Paesi che l'hanno ratificata, soprattutto in rappresentanza dei luoghi di origine dei flussi migratori. A tutt'oggi l'Italia come anche gli altri Stati europei non hanno ratificato il documento. Gli obiettivi della Convenzione sono quelli di proteggere i migranti da abusi e sfruttamento e promuovere condizioni di lavoro e di vita dignitose oltre che il rispetto dei diritti umani e il riconoscimento giuridico. L'ultimo rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), conta 272 milioni di migranti sul pianeta - il 3,5% della popolazione mondiale. La maggior parte di queste persone - circa i due terzi - si muove per motivi economici, in fuga dalla fame e dalla povertà in cerca di un lavoro. Una fetta sempre più rilevante - 41 milioni - è quella rappresentata dai cosiddetti "migranti interni" cioè tutte quelle persone che sono costrette a muoversi dal proprio luogo di origine o residenza ma che restano nei confini dello stesso. Una migrazione di questo tipo che nei mesi di pandemia ha avuto risonanza globale è stata quella dei migranti per lavoro all'interno del sub-continente indiano. Sono tanti anche gli apolidi: 3,9 milioni. Accanto ai motivi economici, che a volte vedono grandi masse di persone fuggire in un breve lasso di tempo da Paesi al collasso come nel caso del Venezuela, negli ultimi anni sempre maggiore impatto su questo fenomeno ha avuto il protrarsi di drammatici conflitti come in Siria, nello Yemen, nella Repubblica democratica del Congo e nel Sud Sudan. Accanto a questi abbiamo avuto crisi umanitarie legate alla violenza etnica, come nel caso della minoranza Rohingya in Myanmar. È l’India il Paese di origine del maggior numero di migranti - 17,5 milioni- seguita da Messico e Cina, mentre gli Stati Uniti restano la destinazione principale con 50,7 milioni di arrivi. Nel 2018 il flusso totale delle rimesse dei migranti ha raggiunto i 689 miliardi di dollari. Secondo gli ultimi dati Eurostat, erano 2,4 milioni i migranti entrati nei confini della Ue nel 2018 e 446,8 milioni i residenti nei 27 Paesi membri dell'Unione, il 4,9% della popolazione totale. Secondo questi dati l’Italia è uno degli Stati con il minor tasso di popolazione migrante residente sul proprio territorio: 5,5 ogni 1.000 abitanti. 332 mila sono le persone entrate in Italia in base a questa statistica di cui 230 mila provenienti da Paesi extracomunitari. Di queste solo una minima parte, circa un decimo, sono giunte via mare: nel 2018 sono state poco più di 28 mila.

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